FISCO CONSULTING

Presentando la dichiarazione 730/REDDITI con l’aiuto di FISCO CONSULTING è possibile detrarre le spese d’affitto sostenute esclusivamente per gli immobili adibiti ad abitazione principale.

Il pagamento del canone di locazione per l’abitazione principale è considerato dal legislatore un onere meritevole di agevolazione fiscale. Giovani fino a 30 anni, studenti universitari fuori sede, inquilini a basso reddito, lavoratori dipendenti trasferiti per motivi di lavoro. Tutti possono usufruire di una detrazione apposita: vediamo nel dettaglio.

La normativa prevede quattro diverse casistiche di detrazione che variano in funzione dei soggetti che la richiedono e in particolare a seconda del reddito percepito durante l’anno.

Inoltre, se il contratto di locazione è intestato a più soggetti, ciascuno di essi può beneficiare della detrazione “pro quota” (cioè in base alla quota del contratto intestata), facendo riferimento al proprio reddito complessivo.

Detrazione per l’affitto: a chi spetta?

1) Dichiarazioni 2021: detrazioni per gli inquilini

In generale, nelle dichiarazioni dei redditi sono previste delle detrazioni per gli inquilini che stipulano contratti di locazione di immobili adibiti ad abitazione principale. Queste detrazioni vengono riconosciute e graduate in relazione all’ammontare del reddito complessivo (aumentato del reddito dei fabbricati locati assoggettati alla cedolare secca).

 Attenzione va prestata al fatto che le detrazioni non sono cumulabili, ma il contribuente ha la facoltà di scegliere quella a lui più favorevole. Se, invece, nel corso dell’anno il contribuente si trova in situazioni diverse, può beneficiare di più detrazioni.

Per i contratti di alloggi adibiti ad abitazione principale locati con contratti stipulati o rinnovati è prevista la seguente detrazione ai fini Irpef:

  • 300 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;
  • 150 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro, ma non superiore a 30.987,41 euro.

Nei contratti a canone concordato, dove il contribuente è intestatario di contratto di locazione stipulato ai sensi della L. n 431 del 9 dicembre 1998, è prevista una detrazione d’imposta di:

  • 495,80 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;
  • 247,90 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 ma non superiore a 30.987,41 euro.
  • Nessuna detrazione se il reddito è superiore a 30.987,41

Si ricorda che per fruire di tale agevolazione, nel caso di contratti di locazione a canone concordato “non assistiti” occorre verificare la necessità dell’attestazione rilasciata dalle organizzazioni firmatarie dell’accordo, con la quale viene confermata la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto di locazione all’Accordo Territoriale.

Per usufruire delle agevolazioni è necessario compilare il rigo E71 del modello dichiarativo 730/2021(anno di imposta 2020).

2) Dichiarazioni dei redditi 2021: detrazioni per locazioni a favore di giovani

Per i contratti stipulati con giovani di età compresa tra i 20 anni e 30 anni, ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 43, per l’unità immobiliare da destinare ad abitazione principale è prevista, in sede della dichiarazione dei redditi una detrazione pari a 991,60 euro.

Tale detrazione spetta per i primi 3 anni, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro. Ad esempio, se il contratto è stato stipulato nel 2018 la detrazione può essere fruita anche per il 2019 e il 2020.

La condizione per fruire dell’agevolazione è che l’immobile in questione sia diverso dall’abitazione principale dei genitori del giovane intestatario del contratto o di coloro cui sono affidati dagli organi competenti ai sensi di legge.

Il requisito dell’età è soddisfatto qualora ricorra anche per una parte del periodo d’imposta in cui si intende fruire della detrazione.

L’importo deve essere indicato nel modello 730/2021 (anno di imposta 2020) al rigo E71 con il codice 3.

3) 730/2021: agevolazioni per chi si trasferisce per lavoro

Nelle dichiarazioni dei redditi sono previste detrazioni anche a favore dei lavoratori dipendenti, che per motivi di lavoro:

  • trasferiscono la propria residenza nel comune del lavoro o limitrofo;
  • il nuovo comune di trovi ad almeno 100 chilometri di distanza dal precedente e comunque fuori dalla propria regione;
  • la residenza nel nuovo comune sia stata trasferita da non più di 3 anni dalla richiesta della detrazione.

La detrazione può essere fruita nei primi tre anni dal trasferimento della residenza. Ad esempio, se il trasferimento della residenza è avvenuto nel 2018, si può beneficiare della detrazione per gli anni d’imposta 2018, 2019 e 2020.

Attenzione va prestata al fatto che la detrazione spetta esclusivamente ai lavoratori dipendenti anche se la variazione di residenza è la conseguenza di un contratto di lavoro appena stipulato. Sono esclusi i percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Inoltre, se il contribuente, nel corso del periodo di spettanza della detrazione, cessa di essere lavoratore dipendente, perde il diritto alla detrazione a partire dall’anno d’imposta successivo a quello nel quale non sussiste più tale qualifica.

Tale detrazione può essere fruita nei primi tre anni dal trasferimento della residenza e spetta nella misura

  • di 991,60 euro se il reddito complessivo non supera i 15.493,71 euro.
  • di 495,80 euro se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro ma non superiore a 30.987,41 euro.

Nel modello dichiarativo 730/2021 deve essere indicata nel rigo E72

4) Dichiarazioni 2021: detrazioni per i fuori sede

La detrazione Irpef è prevista anche per gli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università che stipulano o rinnovano un contratto di locazione ai sensi della L. 9 dicembre 1998, n. 431.
È un’agevolazione che prevede la detrazione del 19% calcolata su un importo massimo di 2.633,00 euro.

Può beneficiarne sia lo studente che il familiare di cui lo stesso risulta fiscalmente a carico.
Le condizioni per ottenere l’agevolazione sono:

  • l’università si trovi in un comune distante almeno 100 chilometri da quello di residenza dello studente;
  • il comune di residenza dello studente appartenga, in ogni caso, ad una provincia diversa da quella in cui è situata l’università;
  • il contratto di locazione sia stipulato, o rinnovato, a canone “convenzionale”, ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 Tale detrazione va indicata nel modello 730/2021 nei righi E8-E10 con il codice 18.

Si ricorda che dall’anno d’imposta 2020 la detrazione d’imposta per questa spesa varia in base all’importo del reddito complessivo. In particolare, essa spetta per intero ai titolari di reddito complessivo fino a 120.000 euro. In caso di superamento del predetto limite, il credito decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di un reddito complessivo pari a 240.000 euro. Per la verifica del limite reddituale si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca.

Per i contratti di sublocazione, la detrazione non è ammessa (dal 2012 la detrazione per i fuori sede è estesa anche agli studenti che frequentano corsi di laurea in atenei appartenenti a stati dell’Unione Europea).


Si può avere la residenza in un posto e l’abitazione principale in un altro?

Secondo il parere della Cassazione, espresso in una recente ordinanza [1], sì.

Il perché, secondo la Suprema Corte, è subito spiegato: è possibile considerare un immobile ai fini fiscali abitazione principale senza avere la residenza quando i consumi delle utenze dimostrano dove effettivamente vive il contribuente.

Questo pronunciamento appare molto interessante perché, da una parte, cambia le carte in tavola rispetto alla definizione di abitazione principale data dal ministero dell’Economia e delle Finanze, al quale vanno versate o non versate certe tasse in base al fatto che un’unità immobiliare sia abitazione principale o meno.

Dall’altra, apre uno scenario particolare per il cittadino proprio sul fronte fiscale: su quale delle due case deve pagare l’Imu?

Sull’abitazione in cui ha la residenza o su quella che figura come abitazione principale senza la residenza?

ediamo, a questo punto, che cosa dice la legge e quale novità introduce l’ordinanza della Cassazione rispetto alla possibilità di ritenere una casa abitazione principale senza avere la residenza.

Abitazione principale: che cos’è?

Visti i risvolti fiscali dell’ordinanza della Cassazione in commento, vediamo che cosa intende il ministero dell’Economia e delle Finanze per abitazione principale. La definisce «come l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente» [2].

Sempre il Mef precisa che sono assimilate per legge all’abitazione principale:

  • le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
  • le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate agli studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;
  • i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali adibiti ad abitazione principale;
  • la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso;
  • un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e, con qualche eccezione, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

Dal 2020, invece, non è più assimilata all’abitazione principale l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza.

Tali assimilazioni, precisa ancora il Ministero, «non possono essere modificate dai Comuni.

Gli enti locali, però, possono prevedere nel proprio regolamento l’assimilazione ad abitazione principale dell’unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. In caso di più unità immobiliari, l’assimilazione può essere applicata ad una sola di esse».

Abitazione principale senza residenza: quando è possibile?

Secondo la recente ordinanza della Cassazione, può essere considerata ai fini fiscali come abitazione principale la casa in cui il contribuente non ha stabilito la sua residenza ma nella quale i consumi delle utenze domestiche sono elevati. Questo, per forza di cose, ha delle conseguenze sull’esenzione Imu.

Va ricordato che l’imposta sugli immobili non è dovuta per l’abitazione principale, tranne per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ovvero per le abitazioni di lusso. Non è dovuta nemmeno su una pertinenza per ogni categoria (C/2, C/6 e C/7, ovvero box auto, cantina, ecc.), anche se non fisicamente collegata all’unità immobiliare.

Ad avviso della Suprema Corte, dunque, se un contribuente dimostra con le bollette che vive abitualmente in una casa in cui non ha la residenza, tale immobile può essere considerato ai fini fiscali come abitazione principale. L’Imu, a questo punto, verrà pagata sulla casa in cui ha la residenza ma non figura come abitazione principale, poiché – ricordano o giudici di legittimità – l’agevolazione prevista non può essere negata per la divergenza tra il luogo indicato dal contribuente e la sua residenza anagrafica.

Nella vicenda sottoposta al vaglio della Cassazione, il cittadino ha dimostrato il requisito richiesto per la detrazione attraverso le bollette delle utenze domestiche, la partecipazione alle assemblee di condominio e le ricevute di pagamento delle spese condominiali.

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