- 11 Febbraio 2022
- Posted by: Cesare Longo
- Categoria: ULTIME NOTIZIE

Le molle che storicamente spingono alcuni lavoratori dipendenti a desiderare nuove fonti di reddito aggiuntive al loro lavoro subordinato sono quasi sempre la voglia di sviluppare un proprio progetto imprenditoriale o la necessità di migliorare la situazione economica.
In sintesi il desiderio di cambiare vita o l’ambizione di voler guadagnare di più.
Con il Covid e i due anni di pandemia questo impulso non solo è rimasto intatto, nonostante la crisi e le restrizioni, ma è addirittura aumentato esponenzialmente, soprattutto tra i giovani, che puntano sempre più al mondo digitale per sviluppare i loro sogni, progetti imprenditoriali e idee di business.
Online in effetti è tutto veloce e immediato, potenzialmente si può arrivare a guadagnare bene, benché assolutamente non sia semplice ritagliarsi una posizione di vantaggio competitivo, e spesso l’investimento iniziale richiesto è più accessibile rispetto a un’attività tradizionale.
Non sempre però chi è dipendente può affiancare senza problemi una posizione fiscale ulteriore da lavoratore autonomo o da imprenditore alla propria condizione di lavoratore subordinato. Tutto dipende dal tipo di lavoro svolto, dalle clausole contrattuali previste e da eventuali limiti professionali.
Dipendente privato e partita Iva
Per i dipendenti del settore privato non esiste un divieto assoluto a effettuare attività professionali o imprenditoriali contestuali al lavoro subordinato ma è necessario tener conto di alcune regole e aspetti importanti per evitare sanzioni gravi e conseguenze spiacevoli a livello disciplinare.
Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato vige infatti l’obbligo di fedeltà, previsto normalmente da contratto e sancito dall’articolo 2105 del Codice Civile.
In sintesi il dipendente, in ragione di questa norma, non può fare concorrenza all’azienda per cui lavora, trattando affari per conto proprio o di terzi, e ha l’obbligo di riservatezza, ovvero non può divulgare notizie riguardanti l’organizzazione per cui lavora, metodi di produzione eccetera, facendone un uso pregiudizievole per l’azienda stessa.
Quando si rischia la multa
L’inosservanza di queste regole contrattuali espone il lavoratore dipendente del settore privato a richiami, ammonizioni, multe, sospensioni o nei casi più gravi anche a licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (senza il riconoscimento del periodo di preavviso).Se però si rispetta l’obbligo di fedeltà, si porta avanti l’idea imprenditoriale o professionale fuori dall’orario di lavoro, non ci sono clausole ostative relative all’eventuale ordine professionale a cui si appartiene e non c’è nel contratto una clausola specifica di “esclusiva” (ovvero un divieto assoluto a effettuare altra attività se non quella da dipendente) la partita Iva può essere aperta senza problemi.
Dipendente pubblico e partita Iva
Per i dipendenti pubblici le cose cambiano profondamente perchè le regole da seguire sono molto diverse e più stringenti, quindi solo raramente lavoro subordinato e attività imprenditoriale o professionale possono coesistere.
In questo caso la principale norma di riferimento oggi è l’articolo 53 del Dlgs 165/2001 (Testo Unico sul pubblico impiego) che disciplina il conferimento e le autorizzazioni degli incarichi retribuiti ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
In sintesi la regola base è che il dipendente pubblico, a differenza di quello impegnato nel settore privato, è sempre obbligato da contratto a prestare il proprio lavoro in maniera esclusiva nei confronti dell’amministrazione pubblica da cui dipende.
Le eccezioni
Se si lavora nel pubblico, si può fare solo quello. Poche sono eccezioni a questo principio di carattere generale, come ad esempio la possibilità per i docenti di esercitare la libera professione o per il personale part-time con orario di lavoro inferiore al 50% di avviare un’attività secondaria nella restante parte del tempo a disposizione ma solo se non si è in conflitto di interessi.
L’aspettativa per motivi di famiglia o di studio, invece, non fa venir meno il dovere di esclusività quindi non permette di poter contestualmente aprire partita Iva.
Anche nel caso dei dipendenti pubblici, la violazione del principio di esclusività ha conseguenze sanzionatorie gravi e può configurarsi come giusta causa di recesso o decadenza dall’impiego.
Qualora invece si rientri in una delle poche esclusioni dal divieto generale e si svolga l’attività imprenditoriale o professionale fuori dall’orario lavorativo, è possibile aprire partita Iva richiedendo autorizzazione alla propria amministrazione pubblica.
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