- 23 Agosto 2021
- Posted by: Cesare Longo
- Categoria: Guide Fiscali

PARTITA IVA, Cosa succede se, una volta aperta, non fatturo nulla?”. Analizziamo insieme i vari casi per fare luce su questo argomento.
L’apertura della Partita IVA è un momento importante nel percorso professionale di una persona.
Ma cosa succede nel caso di una Partita IVA reddito zero, quando il fatturato dichiarato è pressoché nullo?
Analizziamo insieme però le possibili situazioni da affrontare anche con reddito zero, ovvero non aver emesso nessuna fattura, in caso di regime forfettario.
Se un contribuente apre una partita Iva ma poi non fattura non va incontro ad alcuna conseguenza. Non sussiste infatti alcun obbligo legale o fiscale. Anzi, proprio dal punto di vista fiscale, non essendoci ricavi o compensi, non ci sono tasse da corrispondere. Ma il mantenimento di un partita Iva inattiva non è necessariamente a costo zero.
Ci sono due situazioni tipiche per cui un lavoratore decide di aprire una partita Iva. Da una parte c’è chi intende avviare una nuova attività da autonomo o da libero professionista e la regolarizzazione della propria posizione fiscale e lavorativa passa necessariamente dall’apertura di una partita Iva, ordinaria o forfettaria che sia.
Dall’altra c’è chi invece ha già un lavoro da dipendente, ma nel rispetto delle norme sulla concorrenza, decide di affiancare anche un progetto autonoma. Si tratta di un modo per arrotondare i guadagni o semplice per realizzare un sogno. In tutti i casi c’è un punto incontrovertibile: l’apertura di una partita Iva non è di per sé una fonte di guadagno.
Questo è infatti uno strumento e non un fine. Può allora accadere che il lavoratore non riesce a fatturare alcunché, magari perché è agli inizi oppure perché sta attraverso un periodo di crisi. O anche per via di una sospensione dell’attività. Vogliamo allora sapere:
- Partita Iva che non fattura, cosa succede
Partita Iva che non fattura, cosa succede
Dopodiché se un contribuente apre una partita Iva ma poi non fattura non va incontro ad alcuna conseguenza. Non sussiste infatti alcun obbligo legale o fiscale. Anzi, proprio dal punto di vista fiscale, non essendoci ricavi o compensi, non ci sono tasse da corrispondere.
Partita IVA reddito zero: come comportarsi?
Il reddito di un lavoratore autonomo può variare nel tempo. A differenza degli impiegati pubblici o privati, infatti, commercianti, artigiani e liberi professionisti non hanno uno stipendio mensile fisso, bensì guadagnano sui prodotti venduti, sui lavori effettuati e/o sulle prestazioni offerte. Che cosa significa?
È semplice: se un anno calano le vendite (o il numero di committenti), cala inevitabilmente il fatturato.
In certi casi – seppure rari – il fatturato può essere addirittura nullo. Reddito zero, per usare un’espressione comune. In altre parole, durante l’intero anno di imposta, il lavoratore non ha incassato nemmeno un euro.
Come occorre comportarsi?
Il titolare di Partita IVA reddito zero è, comunque, tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, specificando “zero” nella casella per le somme percepite durante l’anno di imposta a cui si fa riferimento.
Cosa accade, invece, con imposte e contributi? Analizziamo i vari casi di una Partita IVA reddito zero.
1. Imposte con reddito zero: a quanto ammontano?
Il regime forfettario, come abbiamo già anticipato, prevede il versamento di un’unica imposta sostitutiva, chiamata così perché ‘rimpiazza’ i tradizionali tributi cui sono soggetti i lavoratori autonomi: IRPEF e addizionali.
Il calcolo dell’imposta sostitutiva viene effettuato sul reddito imponibile (ottenuto mediante la deduzione di una percentuale fissa, stabilita dal proprio Codice ATECO, per le spese di attività) indicato nella dichiarazione dei redditi, secondo un’aliquota fissa al 15%, che – limitatamente ai casi consentiti – si riduce al 5% per i primi 5 anni.
Ciò significa che, se il fatturato di quell’anno è pari a zero, anche il reddito imponibile sarà nullo. Di conseguenza, quell’anno non occorrerà versare alcunché per le tasse, poiché il calcolo dell’imposta sostitutiva risulterà “zero”.
2. Contributi previdenziali con reddito zero: a quanto ammontano?
Diverso è il caso dei contributi previdenziali che, a differenza delle imposte, non vengono calcolati allo stesso modo per tutti i lavoratori autonomi, bensì con modalità specifiche per ciascuna delle seguenti categorie:
- Commercianti e artigiani iscritti alla Gestione INPS Commercianti/Artigiani;
- Liberi professionisti con Cassa;
- Liberi professionisti senza Cassa, iscritti alla Gestione Separata INPS.
Vediamo insieme, caso per caso, a quanto ammontano i contributi con una Partita IVA reddito zero.
a. Commercianti e artigiani
I commercianti e gli artigiani iscritti alla CCIIAA fanno capo alle rispettive sezioni della Gestione INPS.
A questa categoria appartengono tutti quei lavoratori che svolgono un’attività imprenditoriale, che producono e vendono prodotti (anche on-line, come nel caso degli e-commerce, o in strada, come gli ambulanti), che gestiscono un esercizio pubblico o che offrono servizi alla persona (come ad es. il parrucchiere, l’estetista o il tatuatore).
Questa categoria è tenuta a versare dei contributi minimi fissi, che si aggirano intorno ai 3.900 euro annui, indipendentemente dal fatturato ottenuto nel corso dell’anno, dunque anche qualora il reddito fosse zero.
Tuttavia, ricordiamo che, per chi si avvale del regime forfettario, è possibile usufruire di una riduzione pari al 35% (con conseguente riduzione del numero di settimane di lavoro “coperte” dalla contribuzione).
Al costo dei contributi minimi, inoltre, occorre aggiungere il diritto annuale per l’iscrizione alla Camera di Commercio. Spesa che si aggira intorno ai 90 euro (la cifra esatta dipende dalla Camera a cui sei iscritto).
b. Liberi professionisti con Cassa
Veniamo adesso a tutti coloro che svolgono un’attività libero professionale e che fanno capo ad una Cassa specifica.
Ci riferiamo alle cosiddette “professioni ordinistiche”, vale a dire quelle che prevedono un Ordine e/o Albo Professionale a cui occorre essere iscritti per poter esercitare legalmente. Appartengono a questa categoria, ad esempio, gli avvocati, i medici, i giornalisti, gli psicologi, gli ingegneri e gli architetti… e via di seguito.
La maggior parte di queste Casse prevede dei versamenti fissi (v. ad esempio, INARCASSA, cui fanno riferimento architetti e ingegneri) da sostenere a prescindere dal fatturato, con aliquote e modalità stabilite dallo stesso ente.
Vi sono, poi, categorie “particolari”, come quella dei musicisti, attori e, in generale, dei lavoratori dello spettacolo, che fanno capo all’ex ENPALS. Se regolarmente collocati, dunque, sono soggetti ad una ritenuta pari al 9,19% del fatturato. Va da sé che gli artisti che, per un anno o più, presentano un reddito zero non subiscono alcuna ritenuta.
c. Liberi professionisti senza Cassa
Concludiamo con la terza ed ultima categoria: quella dei liberi professionisti senza Cassa. Appartengono ad essa tutti coloro che svolgono un’attività libero-professionale che, però, non è soggetta ad alcuna regolamentazione.
Parliamo, dunque, delle professioni nate di recente, come quelle legate all’area web (dal social media manager allo youtuber, per meglio intenderci) o quelle ancora poco diffuse (come, ad esempio, l’operatore olistico).
Tutte queste figure, non avendo né un Ordine, né una Cassa specifica, fanno riferimento alla Gestione Separata INPS, che prevede il versamento di contributi previdenziali con aliquota al 25,72% sul reddito imponibile.
Ne consegue che, a differenza delle prime due categorie di contribuenti, i professionisti senza Cassa non devono sostenere costi fissi di alcun genere: né le imposte, ma nemmeno i contributi previdenziali. Pertanto, se un professionista senza Cassa non fattura nulla durante l’anno, non dovrà versare alcunché in riferimento al periodo.
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