Come avviene la tassazione dei piloti di aereo? Come devono essere tassati gli stipendi esteri percepiti da piloti fiscalmente residenti in Italia?
I piloti di aereodipendenti di aziende con sede fuori dai confini nazionali devono tenere presenti quali sono le regole che disciplinano la tassazione dei loro stipendi.
Si tratta di situazioni molto diffuse nella pratica, infatti, sono tantissimi i piloti di aereo fiscalmente residenti in Italia che si trovano sotto contratto di compagnie aeree che hanno sede in Paesi esteri.
Gli aspetti legati alla pianificazione fiscale delle compagnie aeree ha portato ad avere compagnie aeree con sedi in Paesi diversi rispetto a quelli in cui operano stabilmente, spesso per motivazioni legate loro tax planning. Molte volte, in questi casi, sia per scarsa informazione che per negligenza i piloti di aereo non dichiarano correttamente il reddito percepito in Italia. Inoltre, occorre tenere presente che, negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha inasprito molto i controlli nei confronti di questi lavoratori.
Se anche tu sei un pilota di aereo sono sicuro che sarai interessato a conoscere la norma spiegata dagli esperti di Fisco Consulting.
Per capire come avviene la tassazione dei redditi dei piloti di aereo e del personale di volo che lavora per una compagnie aeree estere è necessario partire dalla normativa nazionale. Si tratta dell’articolo 3 del DPR n 917/86 (TUIR), il quale prevede come regola generale che vengano assoggettati a tassazione in Italia tutti i redditi percepiti:
Sia quelli di fonte italiana, che
Tutti i redditi di fonte estera.
Questo principio, conosciuto come Worldwide Taxation, si applica a tutte le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia. Si tratta del principio di tassazione su base mondiale del reddito. Tuttavia, occorre esaminare anche le convenzioni contro le doppie imposizioni.
Questo per verificare se, per i redditi prodotti all’estero dai piloti di aereo siano previste norme particolari. Sul punto è utile ricordare come in caso di doppia imponibilità del medesimo reddito, sia nello Stato estero di erogazione che in Italia, vi sono delle attenuanti. In particolare, la normativa italiana permette di attenuare gli effetti negativi della doppia tassazione, prevedendo il cosiddetto meccanismo del credito d’imposta.
L’applicazione di tale credito consente al contribuente italiano di scomputare dalle imposte italiane le imposte pagate all’estero (a titolo definitivo) sullo stesso reddito. In questo modo viene eliminato il problema della doppia imposizione giuridica del reddito.
Tassazione dei redditi esteri da lavoro dipendente
In materia di redditi da lavoro dipendente, l’articolo 15 del Modello OCSE delle Convenzioni contro le Doppie Imposizioni prevede, al paragrafo 1, che:
“…gli stipendi, i salari e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato (Italia) riceve in corrispettivo di un’attività dipendente, sono imponibili soltanto in detto Stato (Italia), a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato (prendiamo ad esempio la Germania).
Se l’attività è quivi svolta (Germania), le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro Stato (Germania)”
Articolo 15 modello OCSE
La regola generale, quindi, è che il reddito da lavoro dipendente è tassato (soltanto) nel paese di residenza (Italia). Questo a meno che non sia prodotto nello stato estero (Germania), nel quale caso viene tassato (anche) in quest’ultimo stato (Germania).
A questo proposito, la locuzione “anche”, ancorché non espressamente indicata nel testo della Convenzione si desume dai principi di interpretazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni contenuti nel commentario al modello OCSE.
Ed anche dalla circostanza che, mancando la locuzione “soltanto”, i redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero non sono tassati esclusivamente nello Stato estero (Germania) ma anche nello Stato di residenza del contribuente (Italia).
Peculiarità della tassazione dei piloti di aereo (e personale di volo) che lavorano per compagnie di volo estere
Considerato il tempo passato in volo, infatti, è facile eludere il tetto dei 183 giorni. Analogamente, il reddito potrebbe venir fittiziamente pagato da una società residente in uno stato diverso da quello in cui il dipendente ha la propria base operativa.
A tal fine, all’articolo 15 del Modello OCSE è stato inserito il paragrafo 3 che, superando il paragrafo 2, affronta in maniera specifica la questione.
In particolare, si tratta della questione connessa all’individuazione dello Stato in cui debba essere tassato il reddito di lavoro dipendente nel caso in cui questo venga percepito da:
Un pilota di aeromobili in traffico internazionale che presta il proprio servizio per una Compagnia aerea estera.
Articolo 15, comma 3, modello OCSE
Come detto, il Pilota che lavora per compagnie aeree estere subisce una doppia tassazione del reddito. In particolare, il paragrafo 3, dell’articolo 15 del modello OCSE stabilisce che:
“Nonostante le disposizioni precedenti del presente articolo, le remunerazioni in corrispettivo di un lavoro subordinato svolto a bordo (…) di aeromobili (…) utilizzati in traffico internazionale, sono imponibili nello Stato nel quale è situata la sede della direzione effettiva dell’impresa (Germania)”.
Ad un primo esame, l’interpretazione della norma potrebbe non essere agevole. Anzi, più di un commentatore ha letto il paragrafo 3 nel senso di escludere a tassazione in Italia i redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero (Germania) da un contribuente Italiano che lavora per una compagnia straniera (tedesca).
L’interpretazione corretta della norma, invece, appare più restrittiva. Poiché, infatti, la parte finale del paragrafo 3, è strutturata in maniera del tutto identica a quella del paragrafo 1 del medesimo articolo 15, le medesime conclusioni a cui si è giunti per il paragrafo 1 valgono anche per il paragrafo 3. In particolare, questo significa che, mancando nel paragrafo 3 la locuzione “soltanto” vale quanto detto sopra.
Il reddito da lavoro dipendente prodotto da un pilota di aereo per voli internazionali, fiscalmente residente in Italia che svolge la propria attività come dipendente di una compagnia aerea estera (tedesca), è tenuto a dichiararne il reddito sia in Italia che nello stato estero (Germania).
Commento legato all’articolo 15 comma 3 modello OCSE
Tuttavia, questo è quanto afferma il modello di convenzione OCSE, ma più in dettaglio occorre verificare cosa prevedono le singole convenzioni contro le doppie imposizioni.
Tuttavia, questo è quanto afferma il modello di convenzione OCSE, ma più in dettaglio occorre verificare cosa prevedono le singole convenzioni contro le doppie imposizioni.
Sul punto anche la risposta ad interpello n. 150 del 27 maggio 2020. Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate un pilota di aereo che lavora per una compagnia UK (sede legale) e sede operativa in Portogallo. In questo caso, secondo l’Agenzia delle Entrate il pilota (residente fiscalmente in Italia) è tenuto ad una doppia tassazione del reddito tra UK (sede della direzione effettiva dell’impresa) e l’Italia. L’Agenzia giunge a questa conclusione analizzando la convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito. Tuttavia, occorre sempre prestare attenzione, in questi casi, alle peculiarità che alcune convenzioni stipulate con l’Italia presentano. In particolare, le casistiche principali che si possono presentare sono le seguenti:
Paesi con convenzione che prevede la tassazione del reddito nel Paese di residenza della compagnia aerea;
Paesi con convenzione che prevede la tassazione del reddito esclusivamente nel Paese di residenza del lavoratore.
Paesi con convenzione che prevede la tassazione nel paese di residenza della compagnia aerea
Sono sicuro che arrivato a questo punto sei curioso di sapere se ci sono e quali sono i Paesi che hanno una convenzione con l’Italia che prevede la sola tassazione del reddito nel Paese estero. Mi riferisco a convenzioni contro le doppie imposizioni che includono la locuzione “soltanto” nel paragrafo 3 della convenzione, in riferimento ai piloti di aereo. Ebbene, due esempi sono la Convenzione contro le Doppie imposizioni firmata tra Italia e:
Gli Emirati Arabi Uniti;
La Korea;
Hong Kong.
Paesi con convenzione che prevede la tassazione del reddito esclusivamente nel paese di residenza
Vi sono, inoltre, alcune convenzioni che si discostano da quanto detto sinora. L’esempio è la convenzione tra Italia ed Olanda. Questa attribuisce il diritto di tassazione esclusiva nel Paese della residenza del dipendente. Quindi, il dipendente residente in Italia, è soggetto a tassazione solo in Italia in relazione ai redditi percepiti per attività svolta in traffico internazionale alle dipendenze della compagnia olandese.
Come avviene la tassazione del reddito di piloti e personale di volo, assunti all’estero, in italia?
In assenza di indicazioni specifiche, si può solo ricordare che le prestazioni in questione rientrano pur sempre nell’ambito dei redditi di lavoro dipendente. Per questa categoria di reddito le regole OCSE (Commentario all’art. 15, paragrafo 8.14) sostengono che il datore di lavoro può non essere quello “apparente”. Deve, infatti, individuarsi un datore di lavoro effettivo individuabile in base a fattori quali il potere direzionale di:
Selezione del personale;
Applicazione di sanzioni disciplinari;
Fissare turni di lavoro, ferie, riposi ecc.
Dal punto di vista dichiarativo, il reddito è tassato in Italia con le retribuzioni convenzionali ai sensi dell’articolo 51 comma 8-bis del TUIR. Il settore aereo è, infatti, ricompreso tra quelli enucleati dai DM di approvazione delle retribuzioni convenzionali stesse. L’applicazione delle retribuzioni convenzionali comporta la necessità di riparametrare l’imposta estera pagata. Lo scomputo avviene in base al rapporto tra il reddito tassato con le retribuzioni convenzionali e il reddito effettivamente percepito. Tuttavia, occorre prestare molta attenzione nell’applicazione della retribuzione convenzionale per i piloti di aereo, in quanto la posizione dell’Agenzia delle Entrate ritiene che non vi sia l’inclusione dei piloti nelle categorie per le quali è prevista l’applicazione della retribuzione convenzionale. Per questo motivo è consigliabile valutare attentamente la propria situazione, anche in relazione a questo aspetto (che potrebbe portare poi ad accertamenti che possono sfociare in situazioni di contenzioso tributario).
Credito per le imposte assolte all’estero
Per evitare la doppia imposizione, il contribuente italiano potrà poi dedurre dalle imposte liquidate in Italia (calcolate sulla base del proprio “reddito mondiale”), l’imposta pagata in Germania. Ovviamente, l’assoggettamento sia in Italia che all’estero sussiste solo nel caso in cui il lavoratore continui a mantenere il proprio status di contribuente italiano. Può, infatti, accadere che, per effetto del lavoro prestato all’estero, il soggetto italiano finisca con il perdere la residenza (fiscale) italiana. Trasferendo all’estero, oltre che la residenza anagrafica, anche il centro dei propri interessi e affari. Non è infrequente, infatti, il caso in cui il lavoratore chiamato a lavorare all’estero si trovi a spostare nel paese ove presta l’attività lavorativa:
Sia la residenza anagrafica (per ovvie ragioni logistiche);
Che il centro dei propri interessi e affari.
La residenza fiscale in italia dei piloti e del personale di volo
A questo riguardo, è necessario premettere che, secondo la normativa italiana, ai fini delle imposte sul reddito si considerano fiscalmente residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta:
Sono iscritte nell’anagrafe dei residenti;
Hanno il domicilio (luogo in cui la persona ha stabilito la sede dei suoi affari e interessi);
Residenza (luogo in cui la persona ha la dimora abituale).
Si tratta di requisiti tra loro alternativi. E’, infatti, sufficiente che si verifichi anche uno solo di essi per la maggior parte del periodo d’imposta, affinché un soggetto si qualifichi come fiscalmente residente in Italia.
Ad esempio, la sola cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante al fine di escludere il domicilio o la residenza in Italia. Domicilio e residenza possono essere desunti con qualsiasi mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici. Questo nel caso in cui il cittadino mantenga la sede dei suoi affari ed interessi in Italia.
Criteri per individuare la residenza fiscale dei piloti di aereo e del personale di volo
Tra i diversi elementi utili a comprovare l’effettivo trasferimento all’estero della residenza e del domicilio vi sono:
La sussistenza della dimora abituale nel paese estero, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;
Lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso Paese estero. Ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
La stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel paese d’immigrazione;
Fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari pagati nel Paese estero;
L’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, ecc.;
La mancanza in Italia di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.
Nel caso in cui, attraverso la normativa interna non si riesca a chiarire lo Stato di residenza di un soggetto, l’articolo 4 del Modello OCSE prevede le c.d. tie-breaker rules. Ovvero un elenco di test che applicati in successione progressiva consentono di stabilire in quale Stato il contribuente debba considerarsi residente.
Sanzioni in caso di mancata tassazione del reddito da lavoro dipendente dei piloti di aereo in italia
In conclusione appare opportuno ricordare anche le sanzioni legate alla mancata tassazione del reddito estero in Italia. Questo in quanto le conseguenze che ci possono essere in caso di accertamento di redditi non dichiarati in Italia da parte di piloti di aereo possono essere piuttosto gravose.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, non si limita a recuperare la sola imposta evasa, ma applica anche le relative sanzioni. Si tratta principalmente di sanzioni amministrative, che però, nei casi più gravi possono anche tramutarsi in sanzioni penali.
Le sanzioni amministrative applicabili variano dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta e non versata in caso di dichiarazione infedele. Sanzione che aumenta dal 120% al 240% della maggiore imposta dovuta e non versata in caso di dichiarazione omessa.
Sanzioni che devono essere raddoppiate se si tratta di redditi percepiti in paradisi fiscali, oppure aumentate di 1/3 in tutti gli altri casi.
Accanto a questo deve tenersi presente il monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie estere.
Si tratta della disciplina che prevede l’indicazione nel quadro RW del modello Redditi PF di attività patrimoniali e finanziarie estere. In questo caso le sanzioni applicabili variano dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato. Sanzione che raddoppia dal 6% al 30% in caso di attività detenute in paradisi fiscali.
Per quanto riguarda, invece, le sanzioni penali, il rischio è quello di una reclusione da un anno e sei mesi e quattro anni. Questo nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi con imposta evasa superiore ad euro 50.000.
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