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Riders: quando saranno considerati lavoratori dipendenti?

La Commissione europea ha individuato i criteri per stabilire se un rider è lavoratore autonomo o dipendente.

A questi principi si aggiunge una maggiore trasparenza nell’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme digitali, che il lavoratore potrà contestare anche avvalendosi del controllo umano.

Una rimodulazione del diritto dell’UE in materia di concorrenza per i riders autonomi corona il pacchetto degli interventi presentati in Commissione.

Riders: autonomi o dipendenti? Dall’UE i casi in cui scatta l’obbligo di assunzione

La priorità della Commissione europea è inquadrare correttamente i lavoratori, per garantire loro le più ampie tutele a disposizione.

Ad oggi sono circa 28 milioni i riders operativi, di cui 5,5 milioni sono erroneamente classificati come lavoratori autonomi.

Ecco perché la Commissione UE ha presentato una proposta di direttiva finalizzata ad individuare cinque criteri che fanno presumere l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

Analizziamoli nello specifico.

Si tratta di una proposta di direttiva, al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio.

Ottenuta l’approvazione di questi due organi, gli Stati Membri avranno due anni per adeguare la propria normativa interna.

Secondo i criteri delineati nella proposta di direttiva UE, il rider potrà essere qualificato come dipendente se la piattaforma digitale:

  • determina il salario o impone un tetto salariale;
  • controlla l’operato del rider;
  • individua orari di lavoro determinati, o limita i periodi di vacanza, e impedisce al lavoratore di farsi sostituire;
  • stabilisce regole perentorie che il lavoratore deve adottare;
  • impedisce al rider di ampliare il proprio ventaglio di clienti

La direttiva UE stabilisce anche che la subordinazione è presunta nel caso in cui si realizzino solo due di queste condizioni.

In presenza di due tra queste condizioni, scatterà dunque l’obbligo di assunzione per la piattaforma digitale.

Se il rider sarà assunto come lavoratore dipendente, avrà quindi diritto a tutte le tutele che la legge riconosce a questo status.

Tra queste: il salario minimo, laddove garantito, il diritto alle ferie pagate, l’indennità di malattia e disoccupazione, l’accantonamento dei contributi previdenziali.

La proposta di direttiva fa ricadere sulla piattaforma digitale l’onere di provare che il lavoratore non sia un dipendente.

Anche il rider può contestare la classificazione fatta dalla piattaforma, grazie all’uso degli algoritmi.

La Commissione ha infatti stabilito la necessità del controllo umano sull’utilizzo di queste formule informatiche, affinché corrispondano all’effettivo status del lavoratore.

Sul punto si è espressa anche Margrethe Vestager, Vicepresidente Esecutiva per un’Europa pronta per l’era digitale:

“La proposta di direttiva aiuterà i lavoratori autonomi fittizi che lavorano per le piattaforme a determinare correttamente la loro situazione occupazionale e a godere di tutti i diritti sociali che ne derivano. I veri lavoratori autonomi che lavorano per le piattaforme saranno protetti grazie a una maggiore certezza giuridica in relazione alla loro situazione occupazionale, e a nuove garanzie contro le insidie della gestione algoritmica. Si tratta di un passo importante verso un’economia digitale più
sociale.”

OBBLIGO DI COMUNICAZIONE DEI DATI

Un’altra questione su cui la Commissione ha puntato i riflettori è la difficoltà di reperire dati chiari sull’operato delle piattaforme digitali che operano in più Paesi dell’UE.

Quest’opacità nel trattare i dati rende difficile stabilire chi siano i rider che lavorano e dove.

Pertanto la proposta UE è orientata ad una maggiore trasparenza: le piattaforme digitali avranno l’obbligo di comunicare i dati relativi al lavoro e ai lavoratori alle autorità nazionali.

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