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La benzina oggigiorno è considerato a tutti gli effetti un bene di prima necessità, quasi allo stesso livello del cibo e del vestiario: affermazione forse perentoria, ma inevitabile nel Paese che ospita all’incirca 37 milioni di automobili.

Appare evidente quindi che per muovere un numero così elevato di autovetture, il fabbisogno – e quindi il giro d’affari – legato ai derivati del petrolio che fungono da carburante, sia altrettanto ingente.

Molti decidono quindi di aprire un distributore di benzina, considerando questo investimento come un volano per guadagni più o meno elevati.

Come vedremo nel dettaglio nel nostro articolo, aprire un distributore di benzina può rappresentare effettivamente una modalità valida per ottenere lauti guadagni, ma bisognerà considerare allo stesso tempo altri fattori di primaria importanza.

Il primo aspetto che riporta con i piedi per terra molti potenziali investitori è proprio l’investimento iniziale, davvero sostanzioso.

Altro aspetto di indubbia complessità è l’iter burocratico che bisogna affrontare per poter arrivare al traguardo finale.

Infine, la concorrenza in questo settore non manca, ed è piuttosto agguerrita.

Se non avete ancora desistito dalla vostra idea imprenditoriale, allora questo è l’articolo che fa al caso vostro, visto che analizzeremo, uno alla volta, tutti i passaggi necessari per aprire un distributore di benzina, valutando ovviamente i costi e i potenziali guadagni.

L’iter burocratico da seguire

Come qualsiasi altra attività imprenditoriale, anche quella di gestore di impianto prevede alcuni fondamentali prerequisiti personali  ovvero non avere precedenti dichiarazioni di fallimento e non avere precedenti condanne o pene detentive.

L’iter burocratico vero e proprio prevede l’ottenimento di alcuni documenti specifici. Vediamo quali e in che modo ottenerli:

  • una licenza petrolifera: si ottiene facendo richiesta al proprio Comune specificando il sito di localizzazione del distributore, la dimensione delle aree di impianto, le distanze tra i vari impianti ( a metano, gpl, benzina etc.),la presenza di servizi ed attività integrative. Oltre a queste informazioni, la richiesta di licenza dovrà contenere le generalità, il domicilio, il codice fiscale del richiedente; un documento che attesti la dettagliata composizione del nuovo impianto; l’attestazione di disponibilità dell’area con sottoscrizione autentica del proprietario;
  • la concessione edilizia;
  • l’attestazione sull’idoneità dell’area da parte del Comune;
  • l’autorizzazione del progetto da parte dei Vigili del Fuoco;
  • l’autorizzazione sui carburanti in vendita da parte del Comune;
    • la verifica dell’Asl per l’installazione elettrica;
    • il collaudo dell’intero impianto con il Comune, l’Asl e Utif (Ufficio Tecnico delle imposte di fabbricazione)

Ma come si riforniscono questi distributori? In alcuni casi “le pompe bianche” fanno riferimento ad aziende di distribuzione locali,reti più o meno estese che hanno un proprio logo e fungono pertanto da grossisti.

In altri casi,invece, le pompe bianche sono totalmente indipendenti e si riforniscono all’ingrosso in base alle offerte che ricevono dalle aziende che si occupano della distribuzione di benzina e diesel su tutto il territorio.

Secondo il sito di riferimento pompebianche.it,  in Italia ci sono più di 7000 distributori “bianchi”: visitando il sito in questione, è possibile trovare una comoda mappa interattiva che vi segnala l’esatta dislocazione di ogni distributore.

Prelevando il carburante necessario da questo genere di distributori, si risparmia perché le pompe bianche non versano le royalties alle major petrolifere per esporre il loro logo;inoltre, potendosi rifornire all’ingrosso riescono a trovare il prezzo più vantaggioso.

I vantaggi di poter sfruttare un logo noto, usufruendo quindi di un distributore premium sono abbastanza intuitivi:

  • assistenza continua;
  • benefici pubblicitari a costo zero;
  • logo bene in mostra;
  • location ben illuminata situata in zone di alta densità di passaggio

Un’altra importante distinzione riguarda la scelta del target di riferimento a cui rivolgersi: abbiamo quindi le pompe ad uso privato che riforniscono imprese ed esercizi commerciali mentre i distributori di benzina ad uso pubblico sono rivolti tutti i tipi di veicoli, senza distinzioni.

Quanto costa aprire un distributore di benzina

Siamo giunti quindi al “cuore” del nostro articolo, ovvero la delicata e fondamentale questione legata all’investimento iniziale necessario per aprire un distributore di benzina: come abbiamo già accennato all’inizio del nostro articolo investire in una distributore di benzina richiede risorse finanziarie ingenti.

Le opzioni a disposizione di tutti coloro che decidono di entrare in questo business sono essenzialmente due: prendere in gestione una pompa di benzina già esistente oppure costruire un impianto da zero. Vediamo ora nel dettaglio pro e contro di entrambe le opzioni.

Rilevare un impianto esistente è sicuramente meno dispendioso che realizzarne uno da zero: prendendo in gestione un impianto già esistente, infatti l’investimento si aggira attorno ai 150mila euro, mentre  realizzarne uno ex novo può portare ad un investimento di oltre 500mila euro.

Un aspetto cruciale da considerare prima di prendere in gestione un impianto esistente, è senza dubbio la posizione in cui l’impianto stesso è situato.

E’ intuitivo infatti che un distributore di benzina su una strada ad alta densità di traffico avrà sicuramente un valore maggiore di un distributore dislocato in una località sperduta.

Sono doverose alcune precisazioni a proposito di alcuni aspetti burocratici : la cessione dell’impianto avviene attraverso un atto notarile, mentre per la concessione petrolifera il rapporto è diretto con la compagnia che si affiderà al nuovo gestore, senza la necessità di subentrare al vecchio gestore nel contratto esistente.

Per quanto riguarda invece gli altri obblighi burocratici che abbiamo già trattato nelle righe precedenti, è inevitabile che anche in caso di impianti già esistenti saranno comunque necessarie tutte le verifiche da parte di Asl, Comune, Vigili del Fuoco affinchè sia garantita la conformità dell’impianto sotto il profilo della sicurezza.

Chi volesse invece aprire un nuovo impianto di erogazione benzina, dovrà necessariamente confrontarsi con spese intorno ai 500 mila euro, suddivise tra diverse voci:

  • Costo licenze, registrazione società e pratiche burocratiche varie;
  • Costruzione e ristrutturazione di locali;
  • Attrezzature per il funzionamento della stazione;
  • Mobili per area amministrativa
  • Allaccio utenze ( luce, acqua etc);
  • Capitale circolante

Fare una stima precisa per ogni voce di costo è pressoché impossibile, perché le variabili in gioco sono davvero molte, per cui la nostra sezione dedicata ai costi iniziali finisce qui.

Quali sono i potenziali guadagni

Finora abbiamo affrontato due aspetti ( burocrazia e costi ) che scoraggerebbero anche l’imprenditore più audace dall’investire nel mercato dei distributori di benzina.

Appare piuttosto evidente però che l’esistenza stessa di questo business debba prevedere necessariamente un altro lato della medaglia: se è vero infatti che l’iter burocratico è lungo e complesso e che i costi sono elevati, bisogna anche considerare che col tempo i possibili guadagni siano in grado di ripagare abbondantemente dei suoi sforzi l’investitore.

Per comprendere al meglio quali sono i margini di guadagno di quest’attività, occorre necessariamente procedere per gradi, cominciando per prima cosa ad analizzare come viene determinato il prezzo dei carburanti in Italia.

Composizione del prezzo dei carburanti

Il prezzo dei carburanti è dato dalla somma di tre voci:

  • il Platts, ovvero il valore dei carburanti a livello internazionale;
  • il margine lordo dell’industria petrolifera;
  • la tassazione (composta dalle accise e dall’IVA).

La somma di queste tre componenti determina il prezzo finale alla pompa della benzina. Vediamo ora nello specifico come viene determinata ogni singola voce

  1. Il Platts è un’istituzione privata dove la domanda e l’offerta di carburanti a livello internazionale si incrociano, determinando il valore di ogni prodotto petrolifero e quindi il prezzo dei carburanti all’ingrosso.
    Sostanzialmente a questa voce corrisponde il guadagno delle compagnie petrolifere;
  2. Il margine industriale lordo determinato dal mercato è la seconda voce che compone il prezzo dei carburanti e determina il guadagno dei distributori e dei benzinai, ovvero dei soggetti incaricati di distribuire e vendere i prodotti.
    Questa “fetta” del prezzo finale è in proporzione  decisamente inferiore rispetto a quello alle aziende petrolifere che si occupano dell’estrazione e della produzione.
    Al lettore attento risulterà piuttosto intuitivo come il margine di manovra sul prezzo dei benzinai sia quindi piuttosto limitato: ne deriva quindi che il prezzo finale al consumatore è compreso in una forbice piuttosto ristretta, visto che differenze tra diversi gestori sono davvero minime;
  3. Terza e ultima voce è quella relative alla tassazione, composta a sua volta dalle accise (tasse indirette) e dall’IVA (tassa diretta): una parte del prezzo dei carburanti finisce quindi allo Stato
  4. Affinchè il lettore possa farsi un’idea più concreta del ruolo che ognuna di queste voci svolge nel prezzo finale, ricorriamo ad un piccolo esempio pratico

    ipotizzando un prezzo alla pompa di 1,549 euro al litro questa è la composizione del prezzo della benzina per singola voce:

    Platts  0,416 €

    Margine industriale 0,125 €

    Accise 0,728 €

    IVA 0,280 €

    La voce che dovrebbe far riflettere coloro che, per cattiva abitudine, sono soliti imprecare verso il benzinaio a causa degli aumenti, è la seconda, quella del margine industriale: appena 0,125 € su 1,549 €  vanno infatti allo sfortunato benzinaio!

    Guadagni effettivi: ne vale veramente la pena?

    Al netto dell’esempio di cui sopra, il guadagno medio del gestore della pompa di benzina è di circa 3,8 centesimi su ogni litro di benzina venduto.

    Come abbiamo già visto in precedenza, in Italia esistono due tipologie di pompa di benzina: quelle che prevedono l’affiliazione della pompa ad un determinato marchio e quelle completamente autonome.

    Nel primo caso, quello delle pompe premium, il gestore è obbligato a seguire regole molto più stringenti, vendendo soltanto il carburante che viene acquistato dal marchio stesso, con ridotte possibilità di negoziazione sul prezzo tra marchio e gestore.

    Nel secondo caso , quello delle pompe autonome, vi è la possibilità per i gestori di negoziare il carburante in regime di libero mercato, rivolgendosi a diversi fornitori per riempire i propri serbatoi:in questo caso il margine di guadagno è leggermente superiore.

    Facciamo quindi una piccola simulazione di guadagno, tenendo come riferimento 0, 38 € come margine del benzinaio e ipotizzando una vendita mensile di 7000 litri di benzina ( vendita media di una pompa di piccole dimensioni )

    • Guadagno mensile: 0,38 x 7000 = 2.660 €
    • Guadagno annuale: 2.660 x 12 = 31.920 €

    Dalla cifra in questione vanno poi detratte le eventuali spese per il personale: appare piuttosto evidente, che prima di andare in pari con l’investimento iniziale occorrono almeno 15 anni. Anche uno studente di scuole medie a questo punto dedurrebbe che non ne vale davvero la pena. A meno che…

    Il vero guadagno deriva dalle attività accessorie

    Per far si che i distributori di benzina si trasformino in attività davvero redditizie diventa necessario ricorrere al piccolo escamotage delle attività integrate ovvero tutte quelle attività accessorie ( cambio gomme, sostituzione olio e batteria,autolavaggio, bar etc. ) presenti in molti distributori di benzina.

    Sono infatti questi servizi aggiuntivi che permettono di rendere profittevole un’attività – quella dei distributori di benzina – altrimenti scarsamente remunerativa per coloro che decidono di investire in questo business.

    Considerazioni finali

    Siamo quindi giunti alla fine del nostro articolo, dove abbiamo proposto al lettore alcuni utili spunti di riflessione nel caso decidesse di investire nei distributori di benzina.

    Appare evidente, dai diversi aspetti presi in considerazione, quanto tale investimento rappresenti una scelta onerosa e non esente da rischi.

    Nel nostro articolo abbiamo infatti appurato come burocrazia, costi e guadagni siano – a vari livelli – fonte di complessità non indifferente per l’aspirante investitore.

    Nello specifico, chiunque voglia investire in un distributore di benzina, dovrà mettere in conto:

    • Un lungo e complesso iter burocratico, che consiste in svariate procedure utili per ottenere numerosi permessi e licenze. Il tempo stimato per adempiere al meglio a questi fondamentali aspetti formali è di circa un anno;
    • Un investimento iniziale compreso tra 150mila euro e 500mila euro a seconda della scelta di rilevare un impianto esistente oppure realizzarne uno ex novo;
    • Un margine di guadagno effettivo, al netto del margine del produttore e delle tasse, di circa 38 centesimi al litro, che vuol dire un guadagno netto mensile di circa 2000 euro;
    • La possibilità di un guadagno sostanzioso dipende dalle attività integrate ovvero tutte quelle attività accessorie ( cambio gomme, sostituzione olio e batteria,autolavaggio, bar etc. ) presenti in molti distributori di benzina

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