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La riscossione dei dividendi esteri da parte di un soggetto percettore persona fisica residente fiscalmente in Italia non è priva di problematiche ancora irrisolte.

Quando il dividendo è riscosso da un intermediario italiano, la base imponibile della ritenuta d’imposta è il “netto frontiera”, cioè la somma messa a disposizione del titolare del dividendo. Se invece il dividendo viene riscosso all’estero, la tassazione sostitutiva – equivalente alla ritenuta d’imposta – viene fatta sull’importo lordo del dividendo.

La riforma del regime dei dividendi contenuta nella Legge n. 205/17 ha effetti anche sugli utili di fonte estera. Mi riferisco alla problematica del netto frontiera. In particolare, mi riferisco ad un particolare orientamento negativo espresso dall’Agenzia delle Entrate in merito ai dividendi esteri percepiti senza un intermediario finanziario residente.

Tale interpretazione, sostanzialmente, nega l’applicazione della ritenuta del 26% sul “netto frontiera”. Secondo l’Agenzia delle Entrate, senza l’intervento di un intermediario nella riscossione del dividendo la ritenuta si applica sul dividendo lordo, senza considerare le ritenute in uscita subite al momento dell’uscita del dividendo dal Paese di erogazione. Questo orientamento, inutile negarlo, rischia di condurre ad un contenzioso potenzialmente di vasta portata. A questa considerazione si può giungere pensando a quante situazioni di questo tipo di possono presentare.

Le richieste di consulenza su questo aspetto non sono mancate in queste ultime settimane e continueranno sicuramente ad arrivare copiose. Proviamo, pertanto a fare il punto della situazione sull’argomento legato all’applicazione del netto frontiera sui dividendi di fonte estera. Cominciamo!

Dividendi Esteri Senza Netto Frontiera: La Situazione

dividendi percepiti da un soggetto fiscalmente residente in Italia sono considerati a tutti gli effetti redditi di capitale. La regola generale prevede che la base imponibile dei redditi di capitale da assoggettare a tassazione sia determinata al lordo delle imposte estere. Tuttavia, in deroga a questo principio generale vi sono gli utili da partecipazione in enti di diritto estero. Per questi proventi, infatti, è concessa l’applicazione della ritenuta fiscale (attualmente del 26%) sul c.d. “netto frontiera”.

Il netto frontiera non è altro che la differenza tra il dividendo lordo e la ritenuta in uscita applicata dallo Stato di erogazione del dividendo. Tale ritenuta in uscita, è bene ricordare, può essere ridotta in virtù dell’applicazione delle Convenzioni internazionali (ove esistenti).

Il riconoscimento della tassazione italiana sul netto frontiera, tuttavia, è condizionata dal fatto che gli utili di fonte estera siano riscossi con l’intervento di un intermediario residente (istituto bancario). Questi, è chiamato ad operare una ritenuta a titolo di imposta del 26% in ingresso. Tale ritenuta esaurisce ogni adempimento a carico del percipiente ed è calcolata al netto delle imposte estere.

Il Problema Per Gli Utili Incassati Da Enti Non Quotati O Riscossi All’estero

Stante la situazione sopra indicata, che dovrebbe essere la regola generale. Tuttavia, vi sono una serie di situazioni, non chiarite dalla norma, in cui diventa impossibile (o molto difficile) avere l’ausilio di un intermediario residente nella riscossione. Mi riferisco, in particolare, alle seguenti fattispecie:

  • Utili di fonte estera incassati da società estere non quotate;
  • Utili di fonte estera incassati su conto estero.

Nella prima fattispecie (società estera erogante il dividendo non quotata) l’intermediario bancario italiano che riceve la somma di denaro non è in grado di identificare che lo stesso sia un dividendo. Infatti, tale partecipazione non può essere compresa nel portafoglio titoli del detentore. Per questo motivo l’intermediario non è in grado di applicare la ritenuta a titolo di imposta sul dividendo.

Nel secondo caso l’intermediario nazionale non è in grado di applicare la ritenuta in quanto il dividendo viene incassato su un conto corrente detenuto all’estero. In queste due fattispecie il contribuente percettore è chiamato a dichiarare i proventi nel quadro RM del modello Redditi. Questo ai fini dell’autoliquidazione dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 18 del TUIR.

Base Imponibile Dei Dividendi Esteri Senza Netto Frontiera

Si tratta di due fattispecie, quelle sopra elencate, statisticamente frequenti.

In questi casi la base imponibile del dividendo dovrebbe essere assunta al netto delle imposte estere. Su punto le istruzioni al modello di dichiarazione (comprese quelle al modello Redditi PF) sono, però, ferme nello stabilire che la base imponibile del dividendo è al lordo delle ritenute subite all’estero. Questa impostazione si ricava da un remoto documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate. Mi riferisco alla Risoluzione n. 80/E/2007 che, appunto, esclude l’applicazione del netto frontiera nell’incasso dei dividendi di fonte estera.

Questa soluzione risulta iniqua e contraddice in modo espresso i principi enunciati dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 26/E/2004 (§ 4.3), che ancora oggi rappresenta il documento più organico dell’Amministrazione finanziaria sul tema.

Secondo la Circolare, infatti, se l’utile viene riscosso per mezzo di un intermediario residente, la ritenuta d’ingresso del 26% viene operata dalla banca sull’utile al netto della ritenuta estera. Ritenuta applicata secondo quanto previsto anche dalle singole Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Se poi il contribuente ottiene dall’Autorità fiscale estera il recupero della differenza tra le imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale, la differenza deve essere assoggettata a tassazione in qualità di dividendo. Questo, con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera. Mi riferisco alla ritenuta da parte del sostituto d’imposta, oppure autoliquidazione dell’imposta nella dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR.

Esempio Di Applicazione Della Ritenuta Sul Netto Frontiera In Caso Di Ritenuta Applicata In Eccesso Alla Convenzionale

Ipotizziamo che l’aliquota della ritenuta convenzionale in uscita sul dividendo sia del 15% e che, invece il prelievo sia stato operato all’estero nella misura del 20%.

Ipotizziamo un dividendo pari a 100. Avremo che:

  • La ritenuta d’ingresso ammonta a 20,8 (il 26% di 80);
  • Il contribuente può richiedere a rimborso all’Amministrazione estera la differenza di 5;
  • La banca italiana incaricata della riscossione trattiene l’importo di 1,3 (il 26% del 5%);
  • Il prelievo complessivo di 22,1 (20,8 + 1,3) è esattamente pari a quello che graverebbe sulla persona se fosse stata da subito applicata la ritenuta convenzionale (esso corrisponde, infatti, al 26% di 85).

Anche l’utile dichiarato nel quadro RM deve essere tassato in autoliquidazione al netto dell’imposta estera, quale che sia la misura con cui essa è stata applicata.

Se così non fosse, infatti, perderebbe significato la stessa indicazione della Circolare n 26/E/2004. Secondo il documento, il rimborso della ritenuta prelevata in eccesso rispetto alla misura convenzionale deve essere nuovamente essere assoggettato a tassazione.

Riprendendo l’esempio proposto è evidente che, se nel quadro RM si dovesse tassare subito tutto l’importo di 100, la differenza di 5 non dovrebbe più essere soggetta a imposta.

Si potrebbe, quindi, ipotizzare che le istruzioni ai modelli di dichiarazione facciano riferimento al caso generale dei redditi di capitale (per i quali vale la tassazione al “lordo frontiera”), dimenticandosi però dell’eccezione dei dividendi, per cui, invece, vale il “netto frontiera”. Questo, anche se resta il precedente negativo della Risoluzione n 80/E/2007.

Tassazione Con Diversa Base Imponibile Dei Dividendi Esteri: Sintesi

Con l’emanazione dell’articolo 1, comma da 1003 a 1005 della Legge di Bilancio 2018, il Legislatore ha modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il regime di tassazione applicato ai proventi percepiti al di fuori dell’esercizio d’impresa da persone fisiche residenti in Italia in relazione al possesso di partecipazioni “qualificate”. Contrariamente a quanto avveniva nella previgente disciplina fiscale, l’intero importo dei sopracitati proventi costituisce base imponibile a cui applicare l’aliquota d’imposta del 26%.

Nel caso in cui nell’operazione di riscossione dei dividendi intervenga un intermediario finanziario italiano, la ritenuta a titolo d’imposta è applicata sul c.d. netto frontiera, mentre, nel caso in cui il provento sia percepito direttamente su un conto corrente estero o, più in generale, senza il tramite di un soggetto terzo, l’imposta sostitutiva è calcolata sul dividendo
al lordo di ogni possibile ritenuta subita nel Paese straniero.

L’utilizzo di una diversa base imponibile a cui applicare la medesima aliquota di tassazione genera risultati notevolmente diversi tra loro, particolarmente peggiorativi nel caso di utilizzo del “lordo frontiera”.

Quanto disposto dalla norma e avvallato dall’Amministrazione finanziaria, anche con la risposta a interpello n. 111/E/2020.

La Problematica Dei Dividendi Esteri Riscossi Senza Intermediario Residente

La problematica tende ad essere sempre più attuale.

Come detto, infatti, le stesse istruzioni al modello Redditi evidenziano in modo espresso che anche agli utili incassati senza intermediario residente non si applica il netto frontiera. Tuttavia, a parere di chi scrive, non vi è una palese ragione per giustificare un differente trattamento di imposta avente come discrimine il mero intervento o meno di un intermediario residente.

A regime, quindi, si profila un sistema di imposizione sostitutiva generalizzato, in cui il problema e i correlati rischi di contenzioso risultano amplificati. Per questo motivo si auspica un intervento di prassi che possa chiarire in modo inequivocabile la questione, sperando che questo possa tradursi in una applicazione generale del criterio del netto frontiera. In questo periodo transitorio si profilano comportamenti diversi, con profili di rischio diversi a carico del contribuente.

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