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Ti Sei Trasferito Negli EAU? Lavoro Negli Emirati: Vuoi Sapere Se Devi Pagare Le Imposte In Italia? Proviamo A Rispondere al dubbio di diversi lettori.

Lavori ad Abu Dhabi o a Dubai e vuoi sapere se devi dichiarare anche in Italia i tuoi redditi? Hai passato un periodo di lavoro negli Emirati, e adesso ti chiedi se devi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia? 

Come abbiamo constatato tra le e-mail ricevute dai nostri lettori, la tassazione dei redditi percepiti all’estero è sempre un aspetto che genera molta confusione, in quanto vi sono vari aspetti da tenere in considerazione per capire dove devono essere tassati i redditi percepiti all’estero.

Vi sono poi differenze a seconda della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato estero ove il reddito è stato percepito, per questo motivo, dare una risposta generale non è mai possibile, ma è sempre opportuno andare ad analizzare in dettaglio ogni situazione.

Analizziamo il caso classico che riguarda i redditi da lavoro negli Emirati percepiti da un soggetto fiscalmente residente in Italia, che si chiede se e come sia tenuto a dichiarare nel nostro Paese questi redditi.

Il soggetto i ha trascorso 10 mesi negli Emirati nel corso dell’anno precedente per lavorare come financial manager per una multinazionale. Andrea si è trasferito dall’Italia proprio per avere l’opportunità di lavorare per questa società, ove ha svolto un periodi di pratica di 10 mesi.

Il contribuente già che il periodo all’estero non sarebbe stato prolungato ha deciso di non effettuare l’iscrizione all’AIRE, rimanendo a tutti gli effetti una persona residente fiscalmente in Italia, domiciliata temporaneamente per effettuare un lavoro negli Emirati Arabi Uniti.

Il dubbio del soggetto contribuente riguarda la sua dichiarazione dei redditi in Italia. Deve presentarla? Che tassazione riceverà sui redditi esteri che ha percepito?

n questo contributo andremo a dare una risposta a queste domande. Ricordiamo che sono molti gli italiani, soprattutto studenti, ad avere un lavoro negli Emirati, magari temporaneo, per qualche mese o anno  e si chiedono se sono tenuti a pagare le imposte sui redditi anche in Italia.

La Residenza Fiscale Dei Contribuenti

Il concetto fondamentale per stabilire ove un soggetto sia tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti è quello di “residenza fiscale“, così come disciplinata dall’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86 (TUIR).

E’ in base al concetto di residenza fiscale, infatti, che trova applicazione la potestà impositiva, a livello fiscale, di ogni Nazione.

Secondo l’articolo 2 del TUIR un soggetto si considera fiscalmente residente in Italia se è iscritto all’anagrafe della popolazione residente, o alternativamente se ha il proprio domicilio o la propria residenza (ai sensi dell’articolo 43 del codice civile in Italia), per la maggior parte del periodo di imposta.

Il mantenimento della residenza fiscale in Italia, come nel caso del nostro lettore, nonostante sia all’estero da oltre 183 giorni nell’anno, e non si è mai iscritto all’AIRE, comporta necessariamente l’obbligo di pagare le imposte sui redditi in Italia anche sui redditi prodotti all’estero.

Questo in quanto ha mantenuto, di fatto, la propria residenza fiscale in Italia.

Riassumendo, quindi, un lavoratore Italiano che svolge la sua attività lavorativa e ha la sua vita all’estero, ha ugualmente l’obbligo del versamento delle imposte sul reddito anche in Italia in concomitanza di almeno uno dei seguenti requisiti:

  • Essere residente in Italia, per almeno 183 giorni all’anno (la maggior parte dell’anno solare);
  • Essere iscritto nelle anagrafi comunali della popolazione residente in Italia (quindi, non essere iscritto all’AIRE);
  • Avere eletto nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio o la propria residenza , ai sensi dell’articolo 43 del codice civile.

Per questo motivo, quando si lavora per un datore di lavoro estero e si mantiene la residenza fiscale in Italia occorre prestare la dovuta attenzione agli obblighi fiscali in Italia.

Naturalmente, al fine di evitare la doppia imposizione del reddito è possibile sfruttare il credito per imposte estere, al fine di arrivare ad effettuare in Italia, il solo versamento delle eventuali maggiori imposte dovute.

Attenzione al credito di imposta estero

l Principio Della Tassazione Su Base Mondiale Dei Redditi Dei Soggetti Residenti

Ai sensi dell’art. 3 del TUIR i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono tenuti a dichiarare in Italia tutti i propri redditi, ovunque prodotti.

Questo principio è uno dei pilastri fondamentali su cui si basa il nostro sistema fiscale, ma anche quello di molti dei sistemi fiscali dei Paesi europei. Il concetto è molto semplice: un soggetto è tenuto a pagare le imposte (ovunque esse siano prodotte e/o percepite), in un unico Stato, quello di residenza, salvo poi ottenere un credito di imposta per le eventuali altre imposte già pagate nei Paesi ove i redditi sono stati percepiti (tassazione nello Stato della fonte).

Per potere applicare concretamente questo principio ci viene in aiuto l’articolo 165 del TUIR, il quale prevede che le imposte pagate a titolo definitivo sui redditi prodotti all’estero siano ammesse in detrazione dall’imposta netta, scaturente dal conguaglio di fine anno o dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo (ovvero non più rimborsabili), fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra redditi prodotti all’estero e reddito complessivo.

Attenzione alla Residenza Fiscale

I criteri sopra indicati utili per verificare la residenza fiscale sono alternativi tra loro.

Quindi, è sufficiente realizzare anche soltanto una di quelle fattispecie per essere considerati fiscalmente residenti in Italia.

Tra queste fattispecie vi è una presunzione assoluta: un soggetto iscritto all’anagrafe di un comune italiano per almeno 183 giorni (anche non consecutivi), in un anno, è considerato fiscalmente residente in Italia, indipendentemente dalla prova della sua presenza nel territorio del nostro Paese.

Nella fattispecie del nostro lettore, non essendosi mai cancellato dall’anagrafe della popolazione residente, per questa presunzione assoluta, è considerato comunque residente fiscalmente in Italia, anche se dovesse fornire prove certe e non confutabili della sua residenza estera.

Questo aspetto è fondamentale e dovrebbe essere chiaro a quanti di voi stanno per andare a lavorare all’estero o progettano di andarci.

In base a quanto previsto dagli articoli 2 e 3 del TUIR, i soggetti residenti in Italia che producono redditi all’estero sono tenuti al pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche non soltanto sui redditi prodotti in Italia, ma anche sui redditi prodotti all’estero, anche se questi ultimi hanno già scontato le imposte nel Paese estero in cui il reddito è stato prodotto. P

er questo motivo il nostro lettore è tenuto ogni anno a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e dichiarare i redditi esteri percepiti nel periodo di imposta, seguendo il principio di cassa.

RETRIBUZIONI CONVENZIONALI 

l caso preso in esame riguarda una persona fisica che si è trovata a svolgere un’attività di lavoro negli Emirati, con la forma che conosciamo come “lavoro dipendente” per conto di un datore di lavoro residente degli EAU. Abbiamo visto come tale soggetto sia tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi ed a dichiarare il proprio reddito percepito. Per quanto riguarda le modalità di tassazione del reddito da lavoro dipendente di fonte estera, occorre fare riferimento al TUIR. In particolare, l’articolo 51comma 8-bis, del TUIR prevede quanto segue:

Art. 51, co. 8-bis del TUIR il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del ministro del Lavoro e della previdenza sociale”

Si tratta di una prima agevolazione che consente di vedersi tassare non il reddito estero da lavoro dipendente effettivamente percepito, ma quello più favorevole previsto dalle retribuzioni convenzionali.

Tuttavia, per poter applicare concretamente questa normativa, è necessario che il settore economico in cui viene svolta l’attività da parte del lavoratore dipendente sia previsto nel Decreto ministeriale che determina le retribuzioni convenzionali. Si tratta di un Decreto che viene puntualmente pubblicato e aggiornato ogni anno. Inoltre, è necessario verificare anche le seguenti condizioni:

  • Il lavoratore dipendente sia fiscalmente residente in Italia;
  • Svolgimento di lavoro dipendente all’estero in via continuativa che opera in uno dei settori di attività individuati nel nel decreto ministeriale sulle retribuzioni convenzionali;
  • Il lavoro sia oggetto esclusivo del rapporto;
  • Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni anche non consecutivi.

Ti consiglio di prestare molta attenzione alla verifica congiunta di tutti questi requisiti. Tornando al caso analizzato appare evidente, che le retribuzioni convenzionali non possano trovare applicazione, ipotizzando che l’attività esercitata non rientri in uno dei settori per cui le retribuzioni convenzionali possono trovare applicazione. Nel caso, quindi, il lavoratore è tenuto ad applicare le ordinarie disposizioni dell’art. 51 del TUIR.

Questi, quindi, è tenuto a tassare il reddito da lavoro dipendente percepito negli EAU, anche in Italia, in modo analitico. Per evitare la doppia imposizione di questo reddito potrà applicare un credito di imposta, il cui funzionamento sarà analizzato di seguito.

Attenzione al Monitoraggio Fiscale e quadro RW

Un altro aspetto da tenere in considerazione nella situazione oggetto di analisi è la disciplina sul monitoraggio fiscale.

Le disposizioni sul monitoraggio fiscale sono contenute nel D.L. n. 167/90 (conv. Legge n. 227/90) e consentono all’Amministrazione finanziaria di avere una compiuta conoscenza delle attività detenute all’estero dai contribuenti residenti in Italia e, dunque, di controllare il corretto assolvimento dei relativi debiti tributari in applicazione del principio della tassazione in capo ai residenti del reddito ovunque prodotto. Infatti, questa normativa prevede che i soggetti fiscalmente residenti in Italia comunichino le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. Questa attività di monitoraggio si effettua attraverso la compilazione del quadro RW del modello Redditi.

Caso classico legato al monitoraggio fiscale è legato al conto corrente estero aperto dal contribuente per l’accredito dello stipendio. In questo caso occorre evidenziare che vi sono obblighi di segnalazione del conto corrente al superamento di una di queste soglie:

  1. Consistenza media annua del conto corrente superiore a 5.000 euro;
  2. Soglia di saldo giornaliero pari o superiore a 15.000 euro (anche solo per un giorno nell’anno).

In caso di verifica della prima soglia, il contribuente è tenuto alla compilazione del quadro RW per il versamento dell’IVAFE (Imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere), che per i conti correnti è di importo fisso di 34,20 euro. In caso di superamento solo della seconda soglia il contribuente deve compilare il quadro RW con i dati del conto corrente ai soli fini del monitoraggio fiscale (con esenzione dal versamento dell’IVAFE).

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