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Lavoratori impatriati: ecco la richiesta dell’agevolazione fiscale

I lavoratori dipendenti per applicare l’agevolazione devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro resa mediante autocertificazione ex DPR n. 445/2000 che contiene:

  • Generalità (nome, cognome, data di nascita);
  • Codice fiscale;
  • Indicazione della data di rientro in Italia e della prima assunzione in Italia (in caso di assunzioni successive o più rapporti di lavoro);
  • Dichiarazione di possedere i requisiti previsti;
  • Indicazione dell’attuale residenza in Italia;
  • Dichiarazione di non beneficiare di altri incentivi (art. 44, DL 78/10, L 238/10, art. 24-bis, TUIR).

A seguito del ricevimento della richiesta il datore di lavoro applicherà le ritenute fiscali sul 30% (10% o 50%, a seconda dei casi) delle somme e dei valori imponibili corrisposti dal periodo di paga successivo al ricevimento della richiesta da parte del dipendente. L’avvio dell’agevolazione si ha a partire dal primo periodo di imposta di residenza fiscale italiana del lavoratore.

La richiesta deve essere presentata all’attuale datore di lavoro anche in caso di seconda o ulteriore assunzione (rispetto a quella per cui il lavoratore è rientrato). Nel caso in cui il datore di lavoro non possa riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne (in presenza dei requisiti) direttamente in dichiarazione dei redditi. In questo caso il reddito da lavoro dipendente deve essere indicato in misura ridotta (Circolare n. 17/E/2017).

Richiesta in dichiarazione dei redditi

Nell’ipotesi in cui l’impatriato non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto l’impatrio, né ne abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione risultano scaduti, per detti periodi di imposta, l’accesso la regime è da considerarsi precluso. Sono valide le dichiarazioni presentate nei 90 giorni dal termine ordinario di scadenza (c.d. “dichiarazioni tardive“).

Trattandosi di regime opzionale è preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi “integrativa a favore“, oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria. Inoltre, non vi sono le condizioni per accedere all’istituto della remissione in bonis, che ammette la possibilità di esercitare tardivamente l’opzione per un beneficio fiscale o un regime agevolato quando il contribuente abbia tenuto un comportamento non coerente con il regime opzionale.

Nell’ipotesi in cui i termini di presentazione della dichiarazione siano scaduti, rimane ferma la possibilità per il contribuente di fruire del regime per i restanti periodi di imposta del quinquennio.

Certificazione unica con agevolazione impatriati

Il datore di lavoro deve dare evidenza del beneficio applicato nella CU del dipendente:

  • Al rigo 1 della CU deve essere indicato il 30% del reddito da lavoro dipendente;
  • Al rigo 468 della CU (redditi esenti) deve essere indicato il codice 5;
  • Infine, al rigo 469 della CU l’ammontare delle somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile.

Certificazione unica in caso di mancata applicazione dell’agevolazione

Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non possa riconoscere l’agevolazione (o in assenza di un datore di lavoro italiano) il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi.

In tale caso il reddito di lavoro dipendente va indicato già nella misura ridotta. Il datore di lavoro dovrà dare evidenza della mancata applicazione del beneficio nella CU del dipendente:

  • Al rigo 1 della CU il reddito in misura piena;
  • Annotazioni del modello CU: il 50% delle somme percepite dai lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia che non hanno fruito dell’abbattimento della base imponibile. Per usufruire dell’agevolazione il contribuente deve presentare la dichiarazione dei redditi.

Agevolazione impatriati per i lavoratori autonomi

Possono accedere al regime fiscale di favore direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. Nel caso occorre barrare l’apposita casella nel quadro RE del modello Redditi PF. Inoltre, i lavoratori autonomi possono fruire dell’agevolazione anche in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente. Mi riferisco alle ritenute di acconto, applicate ai sensi dell’articolo 25 del DPR n. 600/73, sui compensi percepiti.

In tal caso, analogamente a quanto previsto per i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi devono presentare una richiesta scritta ai propri committenti inclusiva di:

  • Generalità;
  • Codice Fiscale;
  • Indicazione della data di rientro in Italia;
  • Dichiarazione di possedere i requisiti richiesti per l’applicazione del regime agevolato;
  • Indicazione dell’attuale residenza in Italia;
  • Dichiarazione di non beneficiare contemporaneamente degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 44 D.L. n. 78/00, Legge n 238/10 e dall’articolo 24-bis del DPR n. 917/86.

Successivamente, il committente all’atto del pagamento del corrispettivo opera la ritenuta del 20% prevista dall’articolo 25 del DPR n 917/86 sull’imponibile ridotto del 50%. Se desideri ricevere la modulistica da presentare al committente o al datore di lavoro contattami per una consulenza personalizzata.


Lavoratori impatriati: ultimi chiarimenti sull’agevolazione

Sono tantissime le domande che arrivano ogni giorno su questa agevolazione. Di seguito ho deciso di riportare una serie di chiarimenti sui principali aspetti di dubbio di questa agevolazione.

Lavoratori impatriati e residenza in italia

Sono esclusi da questa agevolazione i soggetti che non hanno mai effettuato un corretto trasferimento di residenza all’estero. In particolare, gli espatriati che non hanno mai effettuato iscrizione AIRE non sono in regola con l’articolo 2 del TUIR. Quindi, essi non hanno titolo ad usufruire di questa agevolazione. Questi soggetti, infatti, sono rimasti residenti ai fini fiscali in Italia anche nel periodo trascorso all’estero. Questo per la mancata iscrizione AIRE.

La norma agevolativa sui Lavoratori Impatriati si applica ai soggetti che acquisiscono la Residenza Fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2 del TUIR. In questo senso, e come vedremo in seguito, sino al 31/12/2019 non conta la residenza fiscale ai fini convenzionali, ma soltanto la normativa fiscale interna. Meritano attenta valutazione anche quei casi di soggetti operanti in Italia da diversi anni, ma che abbiano mantenuto all’estero il loro centro vitale degli interessi ad esempio personali (famiglia) ed economici, che intendano trasferire la residenza fiscale in Italia. Dalla lettura della norma tali soggetti rientrerebbero quindi nel regime agevolato, ma solo dal 2020. E’ opportuno quindi effettuare una attenta analisi delle singola posizione del lavoratore per determinare l’applicabilità del regime agevolato.

Periodo di lavoro all’estero

Per quanto riguarda il requisito dello svolgimento di un’attività continuativa di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi, occorre fare una puntualizzazione. Questo requisito non sussiste nel caso in cui, ad esempio, un contribuente rientri nel 2019 ed abbia frequentato dal 5 gennaio al 21 dicembre 2017 un corso universitario in Francia ed abbia iniziato a lavorare nel Regno Unito dal 16 aprile 2018. In tal caso, secondo l’Agenzia delle Entrate, la permanenza per motivi di lavoro sarebbe inferiore ai 24 mesi. Diversamente, il requisito potrebbe considerarsi integrato nel caso in cui il rientro avvenisse successivamente al 16 aprile 2020 e l’attività lavorativa fosse prestata all’estero sino a tale data.

Periodo oggetto di agevolazione

Altro elemento che deve essere chiarito è il periodo di applicazione del beneficio. Pensa al caso di un contribuente residente all’estero dal 15 maggio 2001 al 19 luglio 2021. Il soggetto è rimpatriato in Italia con iscrizione AIRE del 20 luglio 2021. Questi è stato assunto con contratto a tempo determinato per cinque anni, con decorrenza 1° settembre 2021.

Secondo l’Agenzia delle Entrate il lavoratore può accedere al regime dei lavoratori impatriati a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia. Ovvero, dal 2022 e per i quattro anni successivi. Il rimpatrio successivo al 3 luglio 2018 non permette l’applicazione dell’agevolazione ai redditi di lavoro dipendente conseguiti nel corso di tale anno di imposta.

Estensione dei benefici fiscali

Inoltre, e sempre con la finalità di estendere l’ambito soggettivo del nuovo regime, il Decreto Internazionalizzazione richiama, al comma 2 dell’articolo 16, i soggetti di cui al comma 1, articolo 2, della Legge n. 238/2010, prevedendo l’estensione dei benefici fiscali anche ai seguenti soggetti:

  • I cittadini dell’Unione Europea, in possesso di un titolo di laurea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia. Soggetti che, sebbene residenti nel loro Paese d’origine, hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori di tale Paese e dell’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più;
  • I cittadini dell’Unione Europea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia. Soggetti che, sebbene residenti nel loro Paese d’origine, hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori di tale Paese e dell’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Lavoratori impatriati solo con lavoro certo

Al fine di beneficiare del Regime degli Impatriati il dipendente che rientra in Italia deve provare l’esistenza di un accordo con il futuro datore di lavoro.

Accordo finalizzato alla sottoscrizione di un nuovo contratto. Questo dovendo sussistere un nesso tra il rientro in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa. È questo il principio affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 919-114/2018 resa dalla Direzione regionale della Calabria. Risoluzione relativa al caso di un lavoratore dipendente che ha trasferito la residenza in Italia prima di trovare lavoro.

In particolare, secondo l’Agenzia la scadenza di un contratto di lavoro all’estero e il rientro in Italia per un nuovo lavoro non creano nesso necessario. Se il rientro in Italia è dovuto alla scadenza del contratto di lavoro estero e non da precisi accordi con l’azienda italiana il requisito del nesso non è verificato.

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